Quando Monza-Varese finì in… Tribunale

 

 

Ci sono partite che passano alla storia per i risultati e performance dei giocatori in campo o per il comportamento scandaloso dell’arbitro chiamato a dirigerle. Quest’ultima alternativa la possiamo tranquillamente scomodare in riferimento a Monza-Varese. Match della dodicesima giornata del campionato di Serie B 1983/84, disputata allo stadio Sada domenica 27 novembre 1983 e terminata sul risultato di 1-1 (reti, entrambe nella ripresa, di Giovanni Lorini per i padroni di casa al 58’ e di Franco Turchetta su rigore per gli ospiti al 76’.

 

Derby nella nebbia

 

A dirigere l’incontro, in un freddo pomeriggio invernale caratterizzato da una densa nebbia, ci ha pensato l’arbitro Pierluigi Magni, funzionario di banca di Bergamo. La partita, dopo un primo tempo giocato a ritmi blandi da ambo le parti, si accese nella ripresa, con gli uomini di Mazzetti più pericolosi grazie alle puntate offensive in area avversaria di Bolis e Marronaro, e gli ospiti, guidati dalla panchina da Catuzzi, abili a coprirsi alla meglio con i centrocampisti Salvadè e Tomasoni, ma, soprattutto, con il rude difensore Giuliano Vincenzi. Quest’ultimo, vecchia conoscenza brianzola, per aver militato nel Monza dal 1974 al 1980.

 

Il gestaccio dell’arbitro

 

Peggiore in campo, a giudizio unanime, il ’fischietto’ bergamasco, autore di una direzione di gara a senso unico a favore dei varesini per 90 e più minuti, e decisivo ai fini del risultato finale per aver decretato, a meno di un quarto d’ora dal termine delle ostilità, un calcio di rigore per gli ospiti apparso ai più inesistente. Dopo aver emesso il triplice fischio di chiusura il signor Magni si diresse verso il passaggio coperto per raggiungere gli spogliatoi, mentre numerosi tifosi, scesi minacciosi dagli spalti, gli gridavano con pesanti improperi tutta la loro rabbia per il penalty concesso e per i diversi altri, presunti ‘favori’ nei confronti degli ospiti. Uscendo dal campo, prima di imboccare il tunnel posto all’angolo estremo sinistro dello stadio, l’arbitro bergamasco, rivolto al tumultuoso pubblico presente, non trovò di meglio che mandarlo a quel paese, portando la mano destra nella zona più intima dei pantaloncini.

 

Denuncia per diffamazione per due giornalisti

 

Nell’angusto e pressoché buio tunnel successe poi di tutto, con parole grosse volate nell’aria, con calci e persino schiaffi finiti a bersaglio. Protagonisti di questo scellerato epilogo, giocatori e dirigenti di entrambe le squadre.
Il gesto scurrile di Pierluigi Magni ed il parapiglia conseguente non sfuggirono ad alcuni giornalisti locali. Così, i fatti vennero puntualmente riportati, il giorno seguente, dal corrispondente Carlo Gaeta in un particolare ‘box’ sul quotidiano Il Giornale e da Giancarlo Besana nel suo articolo sul Corriere di Monza e Brianza. Risultato: denuncia per diffamazione a mezzo stampa intentata dal direttore di gara in questione ai due solerti giornalisti. Motivazione: false accuse in un resoconto di cronaca, ritenuta non proprio sportiva dal principale personaggio coinvolto.

 

Il pretore di Monza Ambrogio Moggia, incuriosito dalla vicenda, aprì così d’ufficio un’inchiesta, coinvolgendo marginalmente anche il corrispondente monzese della Gazzetta dello Sport Angelo Corbetta. L’unico a presentarsi in tribunale, in qualità di testimone, fu quindi il maresciallo dei carabinieri Gaetano Galbiati che, essendo presente quella domenica (come sempre in quegli anni) ed avendo osservato da molto vicino quanto successo allo stadio Sada, a precisa domanda del Giudice, rispose d’aver visto nell’occasione il signor Magni nell’atto di portare inequivocabilmente la mano verso i propri organi genitali.

 

Multa di 150.000 lire per l’arbitro Magni

 

La convincente deposizione dell’uomo dell’arma evitò in pratica ai due giornalisti monzesi di dover pagare per anni un cospicuo risarcimento monetario all’arbitro. Vennero scagionati anche i capi servizio de Il Giornale Filippo Grassia e Roberto Perrone, inizialmente coinvolti, seppure in modo indiretto, per responsabilità editoriale.
Al ‘fischietto’ bergamasco hanno inflitto, invece, una condanna al pagamento di una multa di 150.000 lire.
Particolare curioso: il direttore generale del Varese, all’epoca dell’episodio descritto, era Beppe Marotta, che, quando nel 1987 approdò a Monza. Nel corso di una cena, confidò proprio a Carlo Gaeta che quel rigore, decretato dal direttore di gara contro il Monza, proprio non c’era. Pierluigi Magni, dal 1988 arbitro internazionale al posto di Paolo Bergamo, su proposta dell’allora designatore Cesare Gussoni, dopo aver diretto 107 partite di Serie A (tra le quali un contestatissimo Roma-Napoli nel 1989, con conseguente sua sospensione per 57 giorni) morì il 23 maggio 2007 a seguito di un tumore al pancreas.

 

Gaetano Galbiati, il maresciallo “tifoso”

 

Classe 1954, nato a Capua ma con origini lecchesi (da qui il cognome non proprio partenopeo, derivato dal bisnonno Ferdinando di Oggiono, che aveva fatto parte della storica spedizione garibaldina), il maresciallo dei carabinieri Gaetano Galbiati, paracadutista della Folgore, con all’attivo ben cinque missioni di pace nel mondo (era anche a Nassiriya, in quel maledetto 12 novembre 2003 dove il contingente italiano fu massacrato da un attacco terroristico, al quale lui scampò per miracolo) ed una quarantina tra encomi, riconoscimenti e decorazioni, a Monza è conosciuto e benvoluto da tutti.

 

Un volto noto soprattutto a bordo campo, prima al “Sada” e poi al “Brianteo”. Dove per anni, nelle vicinanze della panchina biancorossa con la classica divisa d’ordinanza, ha seguito ogni partita del Monza. Andato gloriosamente in congedo, Gaetano Galbiati da parecchi anni è approdato alla società calcistica femminile monzese Fiammamonza. Ne ha ripcoperto tutte le cariche, da direttore generale a presidente, da preparatore dei portieri, attività iniziata con il compianto mister Fabrizio Levati, a segretario tuttofare, addetto pure ad aprire e chiudere ogni giorno gli ingressi del vecchio “Sada”, dove ha sede il gruppo e dove giocano le ragazze.

 

A lui va anche il merito di aver tenuto in piedi la società, con gli amici Pietro Mazzo (rimpiazzato, dopo un certo periodo, dal figlio Roberto al timone) e Beppe Zandonà (quest’ultimo ex giocatore biancorosso), quando, diversi anni fa, il fallimento sembrava inevitabile, dopo anni gloriosi di Serie A e di ‘B’, coronati da uno scudetto tricolore nella stagione 2005/2006 e da una Supercoppa Italiana l’anno successivo.

 

Enzo Mauri

 

Nella foto Caprotti:  Il maresciallo Galbiati con Guido Mazzetti al termine di Monza-Varese del 1983.