Gianni Brera, una star in tribuna stampa al ‘Sada’ (1a p.)

La storia di Gianni Brera, il più preparato, piacevole, popolare e seguito giornalista sportivo di tutti i tempi, è ricca di capitoli interessanti e di aneddoti sorprendenti. Nato a San Zenone al Po nel 1919, all’età di 13 anni fu spedito dal padre Carlo, sarto e barbiere del paese pavese, a studiare a Milano dove, ben presto, imparò anche a giocare al calcio, militando nel Carducci, nell’ A.C. Vittoria e nella rappresentativa locale ‘ragazzi’. Il 9 giugno 1935 il volenteroso Gianni finì per disputare anche il Torneo Baravaglio, classica competizione organizzata annualmente a Torino dal Guerin Sportivo. Fece parte pure dei ‘boys’ del Milan, non riuscendo però a trovare mai posto nelle formazioni giovanili rossonere ufficiali. A soli 16 anni, il giovane pavese iniziò quindi a scrivere, commentando, per il settimanale milanese ‘Lo schermo sportivo’, le varie partite del campionato della Sezione Propaganda. Si fece conoscere e, un anno dopo, fu assunto dal Guerin Sportivo per seguire la Serie C calcistica. Conseguito nel 1943 il diploma liceale, Brera si laureò poi in Scienze Politiche all’Università di Pavia e, durante la Seconda Guerra mondiale, si arruolò volontario nei paracadutisti, prestando la propria opera, con l’immancabile penna in mano, per l’ufficio propaganda del Corpo.

 

Al Tour de France, per raccontare le epiche imprese di Coppi e Bartali

 

Finito il conflitto bellico, nel 1945, il promettente giornalista fu inaspettatamente chiamato dalla Gazzetta dello Sport per una collaborazione. Trascorsero quattro anni di intenso ed apprezzato lavoro, finché il direttore lo scelse, come inviato, per raccontare ai lettori le vicende del Tour de France, con Coppi e Bartali tra gli irriducibili protagonisti. Molto considerato in redazione per la sua dedizione, il suo stile, la capacità d’analisi in qualsiasi settore, la brillantezza nello scrivere e la simpatia nel dialogare, il grintoso pavese, nel giro di un solo anno, divenne sorprendentemente il direttore del quotato quotidiano sportivo milanese. Nonostante la prestigiosa carica non disdegnò di lavorare pure per il Tempo, Il Messaggero e l’Equipe. Tra un impegno e l’altro, riuscì a fondare ed a dirigere ‘Sport giallo’, un settimanale scritto quasi interamente da lui stesso, con pochi contributi da parte di isolati collaboratori, relegati al ruolo di comprimari. La velleitaria iniziativa ebbe vita breve, in pratica fino a quando, nel 1956, nacque ‘Il Giorno’ e Brera fu subito chiamato a gestire la redazione sportiva. In quel periodo, il dinamico giornalista lombardo trovò anche il tempo per occuparsi di politica, candidandosi, in due occasioni, alle elezioni al Parlamento, nella circoscrizione di Milano-Pavia, prima con il Partito Socialista, poi con il Partito Radicale. I trent’anni successivi rappresentarono per lui i tempi dell’apoteosi, con la consacrazione a ‘Il Giorno’ e il nuovo passaggio al Guerin Sportivo dove, nel 1967, trovò a sua disposizione la poltrona da direttore. Qui pubblicò , per un lungo periodo, la popolarissima rubrica ‘L’Arcimatto’ e disquisì, amabilmente, con i tanti affezionati lettori, di calcio, ma, anche, di cultura, costume, cibo, storia e filosofia. In quegli anni ebbe come valido collaboratore il monzese Giancarlo Pozzi, estroso giornalista, passato alla storia editoriale brianzola per aver fondato e diretto, agli inizi degli anni Settanta, ‘Regione Express’, un settimanale che si occupava, un po’ sommariamente e con immancabili contrasti, di tutti gli argomenti, sia quelli locali che nazionali, ma, in modo incisivo, delle vicende del Calcio Monza. Sempre molto polemico nei confronti della società del presidente Giovanni Cappelletti, in perenne battaglia con il direttore sportivo Giorgio Vitali e con il segretario Sergio Sacchero, nonché con i vari allenatori alternatisi in quell’epoca sulla panchina biancorossa, il giovane cronista, spesso compagno di sbrigativi pranzi al ristorante Fantello con il concittadino Sandro Vitali, ex giocatore dell’Alessandria, del Milan, del Napoli e del Varese, prima di diventare general manager e responsabile del settore giovanile della stessa società rossonera, aveva ereditato dal suo grande maestro di San Zenone al Po il particolare stile, la fluidità nello scrivere e l’originalità nel presentare ai lettori le notizie. La coppia, oltre a essere molto appassionata e competente di football, costantemente aggiornata sulle condizioni dei biancorossi, se ne intendeva pure di ippica ed era il punto di riferimento preferito per l’amico giornalista Giancarlo Besana, giusto per avere fresche informazioni sui cavalli da ‘puntare’, nel pomeriggio, nella sala corse di via Pennati, di fronte allo storico Bar Capitol. Giancarlo Pozzi, oggi pensionato ottantacinquenne in quel di Silvi Marina, la cittadina abruzzese d’origine della moglie, dopo aver scritto per il Guerin Sportivo, Il Giorno, il Corriere dello Sport, Regione Express e Monza Oggi, nel 1973 fu tra i sostenitori della cordata per portare ‘Luisito’ Suarez sulla panchina del Monza, in sostituzione del deludente Franco Viviani, ma il tentativo non andò a buon fine. Per Gianni Brera arrivò poi l’occasione per far ritorno alla ‘Gazzetta’ per concedersi, a seguire, una breve parentesi al Giornale di Indro Montanelli dal 1979 al 1982 e, giusto al fine di chiudere in bellezza la carriera, per approdare a ‘La Repubblica’ di Eugenio Scalfari, altro suo grandissimo estimatore. In quegli anni vivaci, Brera scrisse anche importanti opere letterarie, quali, tra le più apprezzate, i libri sportivi Storia critica del calcio italiano, Coppi e il diavolo, Il principe della zolla e, di genere decisamente diverso, il popolare romanzo ‘Il corpo della ragassa’. Il famoso scrittore pavese fu per un buon periodo ospite fisso della Domenica Sportiva, seguitissima trasmissione condotta da Tito Stagno, parlando di calcio, ma anche di altri sport a lui familiari. In questo contesto risultarono spesso particolarmente vivaci e simpatici i suoi ironici dialoghi con l’amico e collega Beppe Viola.

 

Tifoso del Genoa, ma con il cuore… nerazzurro

 

Gianni Brera sostenne sempre, a spada tratta e di fronte a tutti, di essere un grande tifoso del Genoa. Secondo il collega Gianni Mura, che lo conosceva bene, in realtà nel suo cuore ci sarebbe stato, sin dalla giovane età, solo tanto amore per la squadra che una volta si chiamava Ambrosiana e, da lui, definita spesso ‘Beneamata’. Stando alle rivelazioni del noto giornalista e scrittore milanese, l’amico pavese avrebbe costantemente manifestato il suo trasporto per la squadra ligure e celato quello per i nerazzurri, solo per evitare polemiche nell’ambiente calcistico del capoluogo lombardo, dove lui doveva muoversi tutti i giorni per lavoro, occupandosi sia di Milan che di Inter. L’accesa rivalità tra le due società avrebbe potuto, infatti, creargli fastidiose antipatie e problemi nello scrivere gli articoli relativi alle loro prestazioni nel corso delle varie stagioni. Dei biancorossi brianzoli, lanciati verso l’agognata Serie A, Brera ne parlava spesso con l’amico fraterno di una vita, il collega Mario Fossati, altra fantastica ‘penna’ del giornalismo italiano. Quando si presentava l’occasione, il geniale cronista pavese amava venire al ‘Sada’, sia per la curiosità di vedere all’opera i giocatori monzesi, tanto decantati dal suo caro compagno di redazione, che per la comodità della trasferta, garantita dalla vicinanza dello stadio a casa ed alla sede del giornale. Inoltre, lui aveva sempre la certezza d’incontrare, sulla tribuna stampa dell’impianto brianzolo, qualche vecchio conoscente della carta stampata e tanti giovani colleghi di belle speranze, pendenti dalle sue labbra.

 

Enzo Mauri

 

(Fine prima parte)

 

Nella foto Caprotti: Gianni Brera in compagnia di Giovann Cappelletti allo stadio Sada, negli anni Settanta.