Enzo Redaelli, una vita “infuocata” tra hockey e calcio biancorosso (2a p.)

Già ammesso all’Ordine Nazionale dei Giornalisti nel 1976, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta, oltre a tenere la corrispondenza per il quotidiano Tuttosport, collaboravo con l’Eco di Monza e della Brianza, per i settori motorismo, calcio (lavoro limitato alle interviste negli spogliatoi dello stadio Sada, al termine delle gare di campionato dell’AC Monza, quando il direttore Brizio Pignacca e il redattore Gianfranco Ambrosini erano impegnati su altri fronti) e hockey a rotelle. Di questa popolare disciplina sportiva monzese, scrivevo intere pagine per il noto settimanale locale, come unico responsabile, alimentando una cordiale e simpatica concorrenza con il corpulento collega Giandomenico Barzaghi, una sorta di irascibile ‘gigante’, sempre polemico e in lotta con tutti, collaboratore de Il Cittadino di Monza e Brianza e corrispondente de Il Piccolo di Trieste, giornale interessato alle vicende calcistiche e hockeistiche monzesi, per una storica rivalità esistente da decenni con la Triestina. Il conosciutissimo giornalista monzese, incallito fumatore e buon bevitore (allo storico bar di Piazza Carducci, da lui frequentato assiduamente, con soste per ore all’ingresso a parlare sul marciapiede con la gente, il titolare Nando Ambrosini lo considerava una sorta di ‘colonna portante’), è mancato ormai da decenni, per il classico male allora definito incurabile, lasciando irrisolto l’alone di mistero venutosi a creare, con il trascorrere degli anni, sulla tipologia del suo reale lavoro. Di lui si sapeva solo che, quando non sostava nel locale in centro a Monza e non scriveva di hockey, era sempre in viaggio sulla tratta Monza-Roma con una classica valigetta colma di documenti, senza che alcuna persona, anche se amica, potesse mai venire a conoscenza del motivo dei suoi frequenti spostamenti dalla Brianza alla Capitale e viceversa. Io, come del resto Giandomenico (con il quale, nonostante il suo forte carattere, riuscivo a mantenere sempre un ottimo rapporto), ero presenza fissa a tutti gli appuntamenti hockeistici casalinghi, occupandomi della cronaca e delle interviste. A causa di vari impegni familiari e giornalistici in Autodromo, il sabato contrassegnato dall’incontro esterno di ‘Chicco’ Citterio e compagni, non riuscivo però a trovare mai le ore necessarie per recarmi in trasferta. Ebbene, puntuale come un orologio svizzero, alle 9.30 della domenica, quando l’Hockey Club Monza era stato chiamato la sera prima a giocare lontano dalla Brianza, Enzo Redaelli, immancabilmente, mi telefonava. Una volta fissatomi un appuntamento, sempre prima di pranzo, con orario e luogo d’incontro ben definito, iniziava a prepararsi meticolosamente per raccontarmi le vicende legate all’ ultima partita disputata dai biancorossi e per fornirmi il relativo tabellino. Il più delle volte ci si trovava presso il laboratorio artigianale di cravatte di Bruno Citterio, al piano terra di un vecchio palazzo in via Volturno o nel salotto del suo appartamento, in un moderno condominio situato in faccia alla sede di lavoro. In alternativa era sempre disponibile l’ufficio del deposito di frutta e verdura di Pierangelo Ferlinghetti, in via Isonzo, vicino al vecchio macello. Entrambi grandi appassionati di hockey, il ‘Citt’ e il ‘Ferlinga’, come venivano chiamati dagli amici, non perdevano, pure loro, una partita della squadra brianzola, sia in casa che fuori e, quindi, erano sempre pronti a dare supporto a Enzo Redaelli nei resoconti domenicali. Quest’ultimo era un valido consulente nel ramo della termotecnica, nonché grande esperto delle tematiche legate agli incendi. e quando negli anni Ottanta passò al Calcio Monza, i suoi particolari aspetti professionali risultarono determinanti ai vertici della società biancorossa, per poter inaugurare lo stadio Brianteo con la partita di Coppa Italia tra il Monza e la Roma, programmata per il 28 agosto 1988. I giorni di vigilia del grande evento furono però, per tutti gli addetti ai lavori, a dir poco traumatizzanti. A 48 ore dalla disputa dell’attesissima gara mancavano ancora importanti autorizzazioni e il nuovo stadio, senza queste, non avrebbe mai potuto ospitare la squadra di casa, l’osannata Roma e tutti i tifosi al seguito. Il presidente Giambelli e i suoi più stretti collaboratori, nelle settimane precedenti l’impegno di Coppa Italia, avevano provato tutte le mosse possibili pur di far accelerare l’iter burocratico nelle sedi competenti e venire quindi in possesso, in tempi utili, di queste importantissime carte. Ma l’esito, dopo tante promesse non mantenute dalla controparte e chiacchiere inutili nei vari uffici, era sempre risultato negativo.

 

Ottenute sul filo di lana le autorizzazioni mancanti per l’inaugurazione dello stadio Brianteo

 

Ebbene, quando ormai sembravano perse tutte le speranze di poter utilizzare, inaugurandolo, il Brianteo per questo incontro di cartello, da dietro le quinte si fece avanti, prepotentemente, proprio Enzo Redaelli. Mettendo in pratica tutte le sue grandi competenze nel campo della sicurezza degli impianti e sfruttando le influenti amicizie negli ambienti decisionali della Pubblica Amministrazione in materia, l’esperto collaboratore biancorosso riuscì, sorprendentemente, a strappare, sul filo di lana, le tanto agognate autorizzazioni. Grazie al suo fantastico lavoro, il match di Coppa Italia Monza-Roma, in predicato al Brianteo sino a poche ore prima del fischio d’inizio, si poté quindi disputare regolarmente il 28 agosto 1988, con il conseguente battesimo della moderna struttura. La gara, come molti tifosi brianzoli ricorderanno, fu vinta dagli uomini di mister Frosio, neopromossi in Serie B, con il punteggio di 2-1. Nonostante parte della struttura fosse ancora inagibile (quel giorno anche i giornalisti accreditati, a causa del vietato accesso alla classica postazione stampa, subirono dei grossi disagi, rimediando una precaria collocazione di fortuna nelle prime file della tribuna est) trovarono posto sugli spalti ben 8.661 spettatori.

 

(Fine seconda parte)

 

Enzo Mauri

 

Nella foto Nick Dicuonzo: Enzo Redaelli, in piedi con giacca e cravatta e una formazione dell’Hockey Club Monza (di cui è stato presidente) nei primi anni Ottanta.