
Crisi Napoli: in pochi mesi è cambiato tutto
La sera dell’eliminazione clamorosa, nella sostanza e nelle proporzioni, del Napoli di Mazzarri dalla Coppa Italia Freccia Rossa per mano dei ragazzini terribili del Frosinone, ti accorgi all’improvviso che il treno azzurro alta velocità si è tramutato in un espresso old style che si ferma in tante stazioni, troppe, accumulando nel suo percorso un ritardo sempre crescente.
A scorrere la lista dei nomi che compongono la rosa partenopea si ravvisa come la formazione potenzialmente titolare sia rimasta pressoché inalterata, fatta eccezione per il baluardo difensivo Kim, e così anche buona parte dei restanti componenti l’organico campione d’Italia 2022/23. Con tutto il rispetto del gigante coreano, passato in estate dal tepore del golfo di Napoli alla fredda e nevosa Baviera teutonica, è impensabile che codesto calciatore potesse valere ben 17 punti in più in classifica alla sedicesima giornata del presente massimo campionato.
Il problema non è in campo
La situazione difficile che si sta vivendo quest’anno all’ombra del Vesuvio è ovviamente ben più complessa da motivare ed affonda le sue radici profonde nella dissoluzione della struttura portante che collegava virtuosamente il gruppo squadra con la vulcanica proprietà, ovvero il ds Giuntoli e il tecnico Spalletti, veri punti di riferimento per tutto l’ambiente calcistico napoletano, oltre che per ogni singolo atleta e componente dello staff.
Giuntoli più Spalletti avevano saputo creare, dall’alto della loro esperienza e della loro personalità, un valido filtro tra una proprietà incarnata da un presidente fin troppo accentratore e decisionista ed una squadra, ricca di talento e solidità, in grado di sfruttare in positivo l’entusiasmo del pubblico dopo troppi anni in cui il medesimo finiva per divenire il più classico dei boomerang alla prima difficoltà.
Cercasi equilibrio
Nel calcio contano gli equilibri ed il club di De Laurentiis lo scorso anno ne aveva da vendere, non solo sul rettangolo verde ma anche e soprattutto nell’azione coordinata di ogni membro della famiglia azzurra, dal massimo dirigente al custode del campo di allenamento. Se manca la guida che sapientemente coordina e gestisce con una continua attività di sprone e di mediazione, allora al posto di un gruppo coeso fatto di tante personalità forti si costruiscono contrapposizioni alimentate da individualismi esasperati.
Se a tenere banco più che l’obiettivo comune sono le pretese di ricchi rinnovi contrattuali o le aspettative di partenze per altri più accattivanti lidi, allora davvero la conseguenza non può che essere il peggioramento del rendimento della squadra con annesso passo del gambero in classifica. Se Osimhen e Kvaratskelia passano da essere gli invincibili trascinatori del gruppo a semplici comparse che regalano sempre meno lampi, allora non può non manifestare crepe tutto l’impianto circostante, dai titolari ai rincalzi, dall’allenatore al magazziniere.
Quando le cose girano bene puoi permetterti il lusso di fare rotazioni e di ricevere apporti importanti dalle seconde linee laddove chiamate in causa, dall’inizio o a gara in corso, per defezioni o turni di riposo dei titolari. Con i risultati che latitano non si accetta più di buon grado una panchina e cala lo spirito di sacrificio in campo nell’aiutarsi reciprocamente, con in più un nervosismo crescente che finisce per tradursi in tanti cartellini come nell’ultima sconfitta pesante in quel di Roma.
Mazzarri capro espiatorio
La soluzione non poteva essere rappresentata per il Napoli da Walter Mazzarri, il quale è riuscito finanche nell’impresa di peggiorare la media punti a partita del predecessore Rudi Garcia, calata dall’ 1,75 del francese all’ 1,13 dell’italiano. Oggi il Monza di Palladino troverà un Napoli sì arrabbiato ma anche più vulnerabile per via delle sue certezze smarrite e, essendo più concreti, per una difesa che incassa più reti, un centrocampo meno efficace nelle due fasi e nel tenere corta la squadra ed, infine, per un attacco meno prolifico e più prevedibile nei suoi sviluppi di gioco offensivi.
I Brianzoli possono sfruttare le pecche di questo Napoli attuale, a patto però di crescere in personalità e continuità in trasferta e, soprattutto, non lesinando di offendere e mettere in difficoltà i partenopei, squadra che non va attesa e portata troppo in area data la qualità di tanti suoi interpreti. Il club di De Laurentiis domani il Monza dovrebbe attaccarlo subito, per evitare prenda fiducia e salga di tono come può sempre riuscire a fare un organico tale da poter sopperire ad assenze pesanti in attacco quali quelle di Osimhen e Politano.
La speranza azzurra
A Napoli confidano in una resurrezione ora che si è praticamente giunti a raschiare il fondo del barile, ora che può attivarsi la molla dell’orgoglio ferito, quello di chi porta il tricolore cucito sul petto. Gente come Raspadori e Simeone merita rispetto e può fare male, ma il Monza può puntare su un collettivo al momento più coeso e tranquillo psicologicamente. In Brianza devono evitare che questa tranquillità si traduca in una carenza di stimoli e in un appagamento di fondo, che non può albergare in una provinciale, sia pur di buona qualità generale.
Al condottiero Palladino il compito di rendere sempre famelica la sua squadra, al buon Walter Mazzarri l’onere di evitare un’agonia stagionale in campionato che non può e non deve finire nell’oblio dell’anonimato.
Raffaella Sergio