Belingardi, sfortunato testimone della promessa di Galliani (3a p.)

Dopo la breve esperienza al Corriere d’Informazione, per Giovanni Belingardi arrivò ben presto il momento dell’assunzione al Corriere della Sera, come inviato speciale (ricordiamo il suo articolo di cronaca, in prima pagina, sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980), poi come redattore del ‘politico’ ed, infine, come corrispondente da Londra. Il suo grande momento giungerà, però, il 1° giugno 1987, con la nomina a Direttore dei rapporti con la Stampa del Gruppo Fininvest, al fianco di Fedele Confalonieri, Presidente di ‘Fininvest Comunicazioni’. A parte il periodo legato alla sua parentesi inglese, Giovanni Belingardi, amico carissimo dei presidenti Giovanni Cappelletti e Valentino Giambelli, lo si ricorda assiduamente presente alle partite casalinghe dei biancorossi e frequentatore delle varie serate conviviali organizzate dal Monza Club. All’Isola d’Elba, in occasione della partenza del 76° Giro ciclistico d’Italia, ci lasciammo non senza la promessa di rivederci nella nostra città, nelle settimane successive al termine dell’evento, per cenare insieme in uno dei nostri ristoranti preferiti. Ma poi, per diversi motivi professionali, non riuscimmo più a combinare quel benedetto incontro.

 

Il crudele destino del giornalista monzese, a soli 45 anni

 

Meno di sei mesi dopo, non mi rimase che salutarlo per l’ultimo suo triste viaggio da Milano verso il cimitero di Sovico, dove oggi riposa in pace: una fulminea malattia incurabile l’aveva stroncato a solo 45 anni. Ai funerali, celebrati nel capoluogo lombardo presso la chiesa di San Francesco di Paola, nella centralissima via Manzoni, quasi in faccia al Teatro alla Scala, la partecipazione fu grande e particolarmente sentita. Parecchie persone furono costrette a sostare sui gradini esterni e sul vicino marciapiede, impossibilitati dalla calca a raggiungere il sagrato e a cercare posto all’interno dell’edificio religioso. Presenti alle esequie, tanti amici, molti tifosi del Monza, diversi giornalisti, capeggiati dall’allora direttore dell’Indipendente Vittorio Feltri, lo stato maggiore della Fininvest e, in rappresentanza della società rossonera, la coppia Adriano Galliani-Ariedo Braida. Era stato proprio Giovanni Belingardi, pochi mesi prima della dolorosa dipartita, ad accompagnare con la sua auto ad Arcore, a Villa San Martino, l’amico Feltri per un incontro voluto da Silvio Berlusconi, desideroso di fare la conoscenza personale dell’illustre giornalista e di offrirgli la direzione de ‘Il Giornale’.

 

Anche Silvio Berlusconi presente al funerale

 

All’uscita del feretro dalla chiesa, tra due ali di folla, a sorpresa si presentò in via Manzoni, scortato dai suoi uomini della sicurezza, proprio il Presidente della Fininvest in persona, che volle salutare ed abbracciare i due figlioli del povero giornalista scomparso e, visibilmente commosso, fare le condoglianze alla loro madre. Nonostante Belingardi fosse tifoso juventino ed uomo piuttosto indisciplinato nella vita, Silvio Berlusconi apprezzava la sua passionalità, il suo modo di essere istintivo, la sua indiscutibile disponibilità, la classe unita all’eleganza, e gli voleva bene. A lui aveva anche dato il permesso, in caso di necessità, di utilizzare, con il comandante preposto, il suo personale elicottero bianco, anche per alcune trasferte del Milan, cosa riservata a pochissimi eletti tra i suoi stretti collaboratori. Il ricordo della prematura scomparsa di Giovanni Belingardi, avvenuta quasi al termine del 1993, mi porta con la mente ad un’altra morte drammatica, con protagonista un uomo ancora più giovane di lui, addirittura ventottenne. Quella del campione automobilistico Jochen Rindt, avvenuta 23 anni prima, proprio a Monza, alla staccata della curva Parabolica, distante, in linea d’aria, poche centinaia di metri dall’abitazione di allora del brillante giornalista. Tra i due personaggi, uno della comunicazione, l’altro dei gran premi, riesco anche a trovare un sottile filo di congiunzione. Quel dannato sabato 5 settembre 1970, giorno delle ultime prove di qualificazione del G.P. d’Italia di F.1, Belingardi era proprio lì, nella ‘pit lane’ e, al momento del tragico incidente, fu uno dei cronisti più lesti ad accorrere, prima nel Centro medico dell’Autodromo e, successivamente, all’ospedale Niguarda di Milano, dove Rindt era stato trasportato d’urgenza, nonostante avesse già cessato di vivere da alcuni minuti.

 

‘La solitudine del campione’ e il racconto a Radice dell’incidente di Rindt

 

Grazie a delle conoscenze nel settore medico milanese, il cronista di casa ebbe anche l’autorizzazione ad entrare nella saletta dove era stata composta la salma dello sventurato pilota austriaco, lasciato solo in quel luogo scuro e spoglio. Lì Giovanni, scosso e stravolto, si soffermò per alcuni minuti a riflettere su quanto accaduto ed a dire una preghiera. Da buon giornalista, in quella tetra ambientazione, trovò pure lo spunto per scrivere un trafiletto da inviare al Corriere della Sera. L’articolo piacque in redazione ed il giorno seguente, sulla pagina dello sport della prestigiosa testata milanese, uscì un significativo ’pezzo’, a sua firma, con un toccante titolo: ‘La solitudine del campione’. Quel pomeriggio, i giocatori biancorossi, reduci dal pareggio al ‘Sada’ del 30 agosto per 1-1 contro l’Atalanta, stavano preparando (guidati da Gigi Radice) la partita della seconda giornata del girone 3 di Coppa Italia Como-Monza, in programma il giorno seguente allo stadio comunale Giuseppe Sinigaglia (vinsero, poi, gli ospiti brianzoli 1-0). Fu proprio Giovanni Belingardi, recatosi presso il ritrovo biancorosso per un servizio giornalistico sulla trasferta, a raccontare, nei tragici dettagli, all’allenatore ed ai giocatori, tutti, più o meno, appassionati di F.1, quanto avvenuto poco tempo prima all’Autodromo. Ricordo, lasciando, con una nota, per me particolarmente lieta ed appagante, questo struggente racconto finale di stampo motoristico, che fu proprio l’amico Giovanni, nel 1973, nel momento del suo passaggio da Tuttosport al ‘Corriere’, a proporre alla redazione del quotidiano torinese il mio nominativo, quale possibile successore nella corrispondenza dal capoluogo brianzolo. Questa attività, una volta ufficialmente offertami, fu da me subito accettata, per poi durare per ben 32 anni, con continui servizi sulle vicende del Calcio Monza e non solo.

 

Enzo Mauri

 

(Fine terza e ultima parte)