Angelo Corbetta, giornalista gentiluomo (2a p.)

Le storie più simpatiche, con Angelo Corbetta protagonista, rimangono senza dubbio quelle che videro il rappresentante della carta stampata di casa alle prese con uno spesso imprevedibile e sconcertante Alfredo Magni. Quest’ultimo dava sistematicamente del ‘tu’ a tutti in sala stampa, come per la strada o fuori dallo stadio. Al buon Angelo, però, si rivolgeva sempre iniziando il discorso con un signorile ‘Signor Corbetta’, segno di grande considerazione e di massimo rispetto, ma anche di un certo distacco.

 

‘A MISSAGLIA, QUESTA QUI E’ L’ORA DI CENA!’

 

Una sera, il giornalista monzese, pressato dalla redazione della ‘Gazzetta’per un articolo urgente, telefonò da casa sua a Magni poco prima delle 19, scusandosi per l’orario non proprio usuale, ma, tutto sommato, neppure proibitivo. Sorprendente la risposta del mister: ‘’Signor Corbetta, richiami per cortesia più tardi, perché, a Missaglia, questa qui è l’ora di cena!’’. Più esilarante ancora la replica del genuino Alfredo per un’esigenza simile capitata al corrispondente monzese a distanza di poco tempo, ma, questa volta, un poco più tardi, verso le ore 21. Così, con una frase a metà tra la forma dialettale in uso corrente in Brianza ed un improbabile lessico italiano, Magni si espresse al telefono: ‘’Signor Corbetta, sono dietro a vedere un cinema con mia moglie in tinello, non possiamo sentirci con calma domani mattina?’’. Chiedendo scusa ai lettori calciofili per lo sconfinamento in campo esclusivamente motoristico, vorrei proseguire nel ‘ritratto’ dell’amico collega Angelo Corbetta, con un limpido esempio della sua squisita delicatezza e del suo ben conosciuto ed apprezzato animo buono. Lo spunto me lo offre, con un romantico ricordo, il figlio Paolo, sessantatreenne dirigente industriale, ma pure qualificato giornalista, passato, come il padre, dalle pagine rosa de La Gazzetta dello Sport, per approdare ora a una testata on line di Monza.

 

SENZA IL FIGLIO PAOLO, PER L’ULTIMO SALUTO AL CAMPIONE DELLE DUE RUOTE SAARINEN

 

‘’Lunedì 21 maggio 1973 – racconta Corbetta junior – papà Angelo era stato incaricato dalla redazione della ‘rosea’ di seguire da vicino gli strascichi giudiziari e di opinione pubblica derivanti dal brutale incidente avvenuto a Monza il giorno precedente, durante il primo giro del Gran Premio delle Nazioni di motociclismo, classe 250, in cui avevano perso la vita Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, il mio centauro preferito. Per espletare al meglio il compito assegnatogli dalla redazione del giornale, mio padre decise, quindi, di mettere in conto anche una visita all’obitorio del cimitero di Monza, dove, da poche ore, era stata composta la salma del povero motociclista finlandese. Contrariamente a ciò che faceva spesso e con tanto piacere, quella volta, papà non volle portarmi con sé, preferendo recarsi da solo presso la camera mortuaria. Io, ancora dodicenne, al momento, ci rimasi molto male e giudicai la cosa come un ingiustificabile affronto personale. Piansi per qualche giorno, sia per la scomparsa del mio idolo, sia per quell’inaspettata esclusione. Poi,a distanza di un po’ di tempo ed a mente serena, capii perfettamente la particolare sensibilità mostrata da mio padre nella circostanza e gliene fui tanto grato. Quel gesto di grande riguardo nei miei confronti non l’ho dimenticato ancora oggi e penso che non lo scorderò mai!’’. Angelo Corbetta, come Mario Perego e Giovanni Fossati, abitava nel quartiere Cazzaniga, periferia di Monza caratterizzata dalle vie intestate a celebri musicisti (Perego e Fossati addirittura risiedevano nello stesso stabile di via Beethoven) e, quando il Monza giocava in casa, si recavano sempre allo stadio tutti insieme, non mancando mai di ‘rimorchiare’ lungo il percorso il collega Enrico Camesasca, che aveva casa ad un paio di chilometri da loro.

 

LA TRASFERTA AL ‘SADA’ SULLA ‘FUMANTE’ FIAT 128 COLORE VERDE OLIVA

 

L’auto prescelta per il breve spostamento era inevitabilmente la Fiat 128 di colore verde oliva di proprietà di Angelo Corbetta, che, sul finire degli anni Settanta, affidava la guida al neopatentato figlio Paolo, destinato, a distanza di poco tempo, a prendere in eredità la corrispondenza della ‘Gazzetta’ per la prematura scomparsa dell’amato padre. L’equipaggio era regolarmente così formato: davanti i due Corbetta, dietro, partendo da sinistra, Mario Perego, Giovanni Fossati in mezzo ed a chiudere la postazione posteriore Enrico Camesasca, incallito fumatore, con una media di due pacchetti al giorno di Gauloises, le forti ed infestanti sigarette francesi. Nella stagione invernale, nelle domeniche gelide e nebbiose, l’arrivo sul piazzale del vecchio ‘Sada’ dei ‘magnifici cinque’, avvolti nei loro cappottoni di lana e stipati nell’abitacolo come sardine in scatola, era a dir poco comico. Una volta arrestata la corsa della ‘128’ davanti agli ingressi della tribuna, le portiere dell’auto si aprivano simultaneamente, come fossero sincronizzate fra loro, e tutti gli occupanti del mezzo balzavano fuori tossendo e scatarrando, mentre nell’aria si diffondeva all’improvviso una grossa nuvola di fumo. Questa si formava, inevitabilmente, a bordo, lungo il percorso da casa allo stadio, per le sigarette messe alla bocca, una dopo l’altra, dal Camesasca e per i finestrini rimasti sempre ermeticamente chiusi al fine di non far entrare il freddo in macchina durante il trasferimento. Mentre Paolo Corbetta parcheggiava la ‘128’ negli appositi spazi riservati alla stampa ed alle autorità, davanti ai passaggi per la tribuna, le gradinate ‘nord’ ed i ‘centrali’, il padre Angelo, preoccupato per i polmoni del giovane figlio, ma anche per la stoffa dei sedili della sua auto, inveiva contro l’incallito fumatore. La stessa cosa facevano immancabilmente anche Fossati e, più moderatamente, Perego. Esilarante il ‘siparietto’ che, nella mezzora antecedente l’inizio di ogni gara, mettevano in scena, in puro dialetto brianzolo, Giovanni Fossati ed Enrico Camesasca, per il divertimento dei tifosi presenti, in attesa di entrare allo stadio. Questo, di seguito, il contenuto, tradotto, quasi integralmente, in lingua italiana, giusto per facilitare la comprensione di tutti i lettori, anche di quelli non brianzoli. ‘’Enrico, sei un pazzo, un vero incosciente a fumare tutte queste schifose sigarette che comperi – sbraitava il primo -. Presto ti mancherà il respiro e morirai, soffrendo come un poveretto!’’. ‘’Stai zitto, Giovanni, ti ta see e ta sareé semper un paulott! – replicava di norma il collega, abbassando in modo plateale le mani sino a raggiungere scaramanticamente l’altezza dei classici ‘attributi maschili’- . “Intanto io mi coltivo, con soddisfazione, tutti i miei vizi, che non sono fatti solo di fumo di sigarette. Mi sono sempre goduto la vita, spesso in piacevole compagnia e, quando mi capita l’occasione, continuo a farlo. Non come te, ipocrita democristiano, solo casa, chiesa, famiglia e ‘Cittadino’!’’. Il battibecco si concludeva, poi, immancabilmente, con una smorfia di compatimento e con l’espressivo invito del battagliero Fossati: ‘’Enrico, desmetela de fa el paias!’’.

 

Enzo Mauri

 

(Fine seconda e ultima parte)

 

Foto: Caprotti.