
Andrea Cremonesi e le radiocronache dal “Sada” con lo storico telefono grigio della Sip (5a e ultima p.)
‘’Uno dei miei giochi preferiti, quando, da bambino, imparai a scrivere – ci tiene a evidenziare il loquace giornalista brianzolo – , consisteva nel prendere in mano i classici fogli bianchi A4 e costruirci sopra una prima pagina inventata di giornale, con tanto di titoli, occhielli, sommari e finti articoli. Erano, senza che allora potessi rendermene conto, i miei primi menabò! Da caposervizio, nella redazione motori de La Gazzetta dello Sport, seguivo da vicino la F.1, ma non trascurando mai d’interessarmi, con molta passione, anche del calcio, con un occhio particolare per il Monza e per l’Inter. La partita più brutta dei biancorossi nella storia? Per me, frugando nei ricordi da bambino, rimane lo spareggio del 1° luglio 1979, a Bologna contro il Pescara, per la promozione in Serie A. Quelle mie lacrime si sono idealmente asciugate solo, a distanza di quasi 43 anni, il 29 maggio 2022, giorno della vittoria del Monza per 4-3 a Pisa e della relativa conquista della massima categoria, dopo 110 anni. La più bella? Quella di sabato 13 aprile 2023 allo stadio di San Siro, finita con il successo del Monza sulla mia Inter per 1-0 con rete di Caldirola, vissuta seduto in mezzo ai tifosi nerazzurri, con tanto di sciarpa biancorossa al collo.
La dura vita del tifoso nerazzurro con il cuore biancorosso
Considerandomi, a ragion veduta, un supporter della formazione brianzola, questi ultimi al termine dell’incontro, da veri sportivi, mi fecero tanti complimenti. Io, invece, forse per paura di possibili rappresaglie nei miei confronti, mi affrettai a spiegare di essere, come loro, tifoso nerazzurro, seppure con il cuore diviso, per questioni di località di nascita e di provenienza, chiaramente marchiate Monza. Fu quella l’unica volta in vita mia che non mi arrabbiai affatto per la sconfitta dell’Inter. Il giorno seguente, per aver postato sui social una mia foto scattata nel dopo gara di San Siro in atteggiamento esageratamente festante, al lavoro fui poi accusato addirittura di ‘tradimento’ dai colleghi nerazzurri della redazione della ‘Gazza’, che non mi perdonarono il gesto per parecchio tempo. Tra le partite biancorosse più belle viste da me, segnalerei anche Monza-Piacenza di serie B del 19 marzo 1989 vinta dagli uomini di Frosio per 3-0, con reti di Mancuso su rigore e doppietta del mio giocatore preferito, Maurizio Ganz. In quell’occasione, per la prima ed unica volta nella loro vita, papà Paolo e mamma Franca vennero allo stadio insieme, al mio fianco. Rammento che trovarono posto, in piedi, sulle gradinate dello stadio Brianteo, in una giornata di brutto tempo, con gli ombrelli aperti per buona parte della gara. Parlando più in generale degli incontri che mi hanno dato più soddisfazioni, non posso non evidenziare la finale di Champions League del 22 maggio 2010 contro il Bayern Monaco al ‘Santiago Bernabeu’ e vinta dall’Inter 2-0. Ancora prima, il 16 marzo 2010, gli uomini di Mourinho, ai quali bastava un pareggio per passare il turno, avevano trionfato 1-0 a Stamford Bridge contro il Chelsea di Carlo Ancelotti, nella partita di ritorno degli ottavi, con una rete di Samuel Eto’o. Ebbene, in entrambe le occasioni, io ero presente sugli spalti a tifare per la formazione nerazzurra.’’. Dopo 33 anni e 10 mesi alla RCS, a scrivere per La Gazzetta dello Sport, dal 1994, come caposervizio nella redazione motori e come inviato negli autodromi di tutto il mondo, al seguito della F.1 per parecchie stagioni iridate, da marzo 2023 Andrea Cremonesi è passato all’Automobile Club d’Italia, come Addetto Stampa ACI Sport e National Press Officer di Autodromo Nazionale Monza. ‘’L’ultima partita dei biancorossi a cui ho avuto il piacere di assistere – conclude il simpatico ‘Crem’, soprannome coniato dal collega veterano Pino Allievi – risale a due anni fa, esattamente al 2 aprile 2023, per Monza-Lazio, terminata con la vittoria degli ospiti per 2-0. Ricordo che in quell’occasione mi colpì l’atmosfera rilassata dell’U-Power Stadium, la commistione quasi naturale tra i nostri tifosi e i supporter biancocelesti, saliti in Brianza in numero impressionante con mogli e figli per affiancare, nello sventolare bandiere in curva, i concittadini sportivi residenti in Brianza e presenti pure loro allo stadio. Quel giorno notai anche molti stranieri sugli spalti, alcuni dei quali ‘vichinghi’, giunti per incitare il proprio beniamino, il danese Christian Lund Gytkjaer, autore qualche mese prima del gol della vittoria biancorossa, la prima e storica in Serie A, contro la Juventus. Lo stadio dovrebbe essere sempre così: luogo di festa per le famiglie intere, al di là del tifo, sempre se corretto. Passando a un mio giudizio sui giocatori biancorossi, devo dire che Pessina mi è sempre piaciuto, sia come uomo che come capitano. Di lui mi parlava un gran bene addirittura la sua maestra delle scuole elementari che, per strana combinazione, sempre all’insegna dei ‘sanbiagini’, era stata anche, per un paio d’anni, l’insegnante di mia figlia.
Le lacrime di Valentino Giambelli in un’intervista e la lezione di vita
L’episodio che, però non potrò mai scordare mi riporta a tanti anni fa e si riferisce a una intervista, a cuore aperto, a Valentino Giambelli, nel bel mezzo di un duro periodo di contestazione da parte dei tifosi brianzoli per certe sue strategie e scelte di mercato all’insegna del ‘braccino corto’, con la squadra finita inevitabilmente in cattive acque. Un po’ sfacciatamente finii per chiedergli cosa ne pensasse del provocatorio atteggiamento degli sportivi di casa e, più precisamente, degli offensivi cori spesso intonati contro di lui. La sua risposta mi lasciò impietrito: ‘’Cosa vuole che importi essere insultato e deriso a uno come me che ha perso un figlio di 18 anni, nel momento più bello della sua vita!’’. Al termine di quelle toccanti parole il presidente brianzolo cercò in qualche modo di allontanare lo sguardo dalla mia figura e di nascondere le lacrime che, ormai, stavano scendendo copiosamente sulle sue guance bianche e rosse, come i colori della nostra amata squadra. Per lui fu come uno sfogo liberatorio, per me una grande lezione di vita!’’.
(FINE)
Enzo Mauri