Fossati e Besana: bravura e humour a braccetto (4a p.)

Giovanni Fossati, nato il 4 dicembre 1928, amante, oltre che del calcio, della musica classica, era completamente diverso dal più giovane collega Giancarlo Besana: molto serio, posato, ma, pure lui, uomo dalle uscite imprevedibili, scrupoloso nella sua mansione redazionale e sempre aperto verso i giovani. Quando si presentava l’occasione, cercava, con sagge e convincenti parole, di indirizzarli, immancabilmente, verso il suo mestiere, che riteneva il più bello del mondo.

 

‘BARLAFUS’ E ‘CAVAL MATT’, LE DEFINIZIONI PIU’ USATE DA FOSSATI PER BESANA

 

Era, in poche parole, un giornalista corretto, preciso, onesto, equilibrato, conservatore, vecchio stampo, innamorato del proprio lavoro, anche se un po’arcaico nello scrivere e abitudinario nella vita di tutti i giorni. Amava parlare in dialetto, anche in alcune situazioni ufficiali ed il suo termine più usato per definire una persona un po’ bizzarra e fuori dalle righe era ‘barlafus’. Così etichettava spesso anche il suo grande amico collaboratore Giancarlo Besana, quando non usava per lui la più colorita espressione di ‘caval matt’. Sulle pagine de Il Cittadino, i suoi sommari per gli articoli riguardanti le partite del Monza erano spesso infiniti, lunghi quasi un terzo dello stesso ‘pezzo’ in questione. I lettori, se indaffarati con il lavoro o con le mansioni di casa, alcune volte, per guadagnare tempo nell’apprendere le notizie, si accontentavano di passare in rassegna solo quelle significative righe. Con gli ex direttori storici Giuseppe Galbiati e Luigi Losa, quest’ultimo fratello di Maurizio, una vita trascorsa in Rai, sino a diventare vice direttore di Rai Sport con un occhio particolare sulla F.1 e sul nostro Autodromo e con l’altro caporedattore Giancarlo Nava, ‘Gian Nava’ per gli amici, Giovanni Fossati rappresentò, per tanti anni, una delle vere colonne portanti del noto bisettimanale locale. A casa, con la moglie Luciana, ora tranquilla ottantacinquenne, gestiva, nelle ore libere da impegni lavorativi, una famiglia numerosissima, composta da ben cinque figli, un solo maschio, il sessantaduenne consulente finanziario Stefano e quattro femmine: l’ex insegnante Marina, l’ex programmatrice Paola, la contabile Anna, ancora in attività presso la nota azienda Sapio e l’impiegata amministrativa Francesca, la più giovane del gruppo con i suoi 52 anni. L’unico uomo rimasto della famiglia Fossati vanta una sportività dedicata al Calcio Monza da 58 anni, da quando, accompagnato da papà Giovanni, mise piede per la prima volta nel vecchio ‘Sada’, dopo aver spento la quarta candelina di compleanno. Da allora, seguì quasi tutte le partite interne dei biancorossi, anche in Serie D, e fece molte trasferte al seguito della squadra di casa. Ora è uno dei più tenaci tifosi, sempre pronto a gioire per le grandi imprese dei brianzoli, come la conquista della promozione e della permanenza in ‘A’ ed a incitare giocatori e mister verso nuovi prestigiosi traguardi di matrice europea.

 

IL SIMPATICO RICORDO DI PAOLO CORBETTA

 

Il giorno della dolorosa scomparsa di Giovanni Fossati, Paolo Corbetta scrisse un simpatico e sentito articolo in ricordo del collega, pubblicato, a distanza di pochi giorni, da “Il Cittadino”. Ecco un piccolo passaggio dello scritto: ‘’Un solido affetto, con il suo fare a volte burbero, Fossati manifestava nei rimproveri a Giancarlo Besana, quello che ha sempre considerato il suo allievo prediletto, benché un po’ discolo. Fossati è stato uno dei massimi emblemi della monzesità. Non solo per i lunghi anni trascorsi nella redazione de Il Cittadino, ma anche e soprattutto per il suo modo di essere e di parlare. Non dimenticherò mai alcune sue espressioni dialettali e le storpiature dei nomi propri di alcuni personaggi del calcio monzese: Radice era ‘Radiss’, Cappelletti era ‘Capelett’, Giambelli era ‘Giambel’, Michelazzi e Tomeazzi erano rispettivamente ‘Michelass’ e ‘Tumeass’ e così via. Persino alcuni suoi interventi in Sala Stampa al ‘Sada’ o al ‘Brianteo’ erano conditi da qualche parola in dialetto; il che spiazzava l’interlocutore di turno, soprattutto se quest’ultimo non era di provenienza strettamente lombarda. Ho sempre avuto la certezza che la cosa fosse voluta, per prendersi gioco di un mondo che spesso si autostimava troppo.’’.

 

Enzo Mauri

 

(Fine quarta e ultima parte)

 

Nella foto, da sinistra: Giancarlo Besana, Pierfranco Bertazzini (ex sindaco di Monza) ed Enzo Mauri.

 

(Foto per gentile concessione di Enzo Mauri)