Carosi, allenatore “meteora” di un Monza in declino

 

Per raccontare chi fosse Paolo Carosi parto da un curioso aneddoto che lo vide protagonista da giocatore e che inquadra alla perfezione il personaggio. Quarta giornata del campionato di Serie A 1966/’67, in campo a San Siro stanno giocando Milan e Lazio. Con i rossoneri in vantaggio 2-1, l’arbitro Angonese fischia erroneamente il termine dell’incontro con due minuti d’anticipo, ma, sotto le lunghe e vibranti proteste dell’allenatore biancoceleste Mannocci e di alcuni giocatori ospiti, alla fine ritorna incredibilmente sulla sua decisione e si appresta così a far riprendere il gioco alle due squadre.

 

Contrordine, tutti in campo!

 

Nessun problema, se non che il centrocampista Carosi figura momentaneamente “disperso”. Il direttore di gara, accortosi della mancanza del calciatore della Lazio, tergiversa non poco nel fischiare la ripresa delle ostilità, dando tempo ad alcuni compagni del giocatore, che evidentemente lo conoscevano bene, di correre negli spogliatoi a cercarlo. Lo trovano già nudo sotto la doccia e lo invitano a rivestirsi in fretta e furia ed a tornare immediatamente in campo. Carosi giunge, quindi, di nuovo sul manto erboso di San Siro, visibilmente frastornato, con gli scarpini slacciati ed in una posizione di centrocampo, la più vicina possibile alla via d’accesso agli spogliatoi, giusto per far trascorrere in tutta tranquillità gli ultimi due minuti dell’incontro.

 

Il pareggio che non ti aspetti…

 

Ironia della sorte, alla ripresa della gara, un pallone innocuo finisce proprio sui suoi piedi e lui, pressoché da fermo e svogliatamente, lo calcia d’istinto verso il compagno di squadra Bagatti, venutosi a trovare nell’occasione libero nell’area avversaria. La sfera, con una bella deviazione, entra così beffardamente in rete per il definitivo 2-2 e Carosi viene portato in trionfo dai colleghi e dal suo trainer come un eroe. Nato a Tivoli l’8 aprile 1938 e cresciuto nel vivaio della società locale, diplomato in Ragioneria, geniale e fantasioso in campo, quanto serafico ed impassibile nella vita di tutti i giorni, fu ingaggiato dalla Lazio nel maggio del 1958 e con la maglia biancoceleste disputò ben dieci stagioni, con una sola parentesi ad Udine nel campionato 1962/’63.

 

Scopritore di giovani talenti

 

Nel 1969 venne ceduto prima al Catania, poi a L’Aquila 1927, dove chiuse, in Serie D, la sua carriera da calciatore.
Legato da cuore e passione all’ambiente laziale, Carosi non ebbe difficoltà ad inserirsi, poi, come allenatore nelle “giovanili” biancocelesti, vincendo con la squadra ‘Primavera’ lo scudetto 1975/’76 e valorizzando giocatori quali Bruno Giordano, Lionello Manfredonia ed Andrea Agostinelli. Superati gli esami di Coverciano, iniziò, quindi, la carriera professionistica, passando dalla panchina dell’Avellino, con una fantastica promozione in Serie A, alla Fiorentina, dal Cagliari al Bologna. Nella stagione 1983/’84 venne chiamato da Giorgio Chinaglia a sostituire Giancarlo Morrone e a salvare la Lazio dalla retrocessione in Serie B, obiettivo egregiamente raggiunto con un girone di ritorno disputato alla grande dalla sua formazione.

 

Parentesi breve e sfortunata a Monza

 

Nonostante questo ottimo risultato, nel campionato seguente, trascorsi appena due mesi, il trainer di Tivoli trovò inaspettatamente il clamoroso esonero, dopo 25 panchine, con 7 vittorie, 9 pareggi e 9 sconfitte, per lasciare il posto a Juan Carlos Lorenzo, pure lui lasciato poi a casa, con poche partite all’attivo, per permettere l’ingresso alla guida tecnica alla coppia Oddi-Lovati. Nonostante tutti questi cambiamenti, a fine torneo, la Lazio precipitò tra i “cadetti”.
Voluto al Monza da Valentino Giambelli, Carosi nel 1986 subentrò ad Alfredo Magni, con non poche perplessità da parte dei tifosi biancorossi.

 

Il rito della “pennichella”

 

In Brianza, fu artefice di una stagione da dimenticare, chiusa ingloriosamente all’ultimo posto della classifica, ma, per uno strano gioco del destino, riuscì, con i suoi nuovi ragazzi, a vincere proprio allo Stadio Olimpico, facendo sprofondare la squadra biancoceleste ad un passo dalla Serie C1. L’allenatore tiburtino, soprannominato, come Nils Liedholm, “Il Barone”, sempre imperturbabile e sereno, nel suo unico anno trascorso a Monza, alloggiava fisso in albergo, esattamente all’Hotel della Regione, elegante struttura situata all’inizio della Valassina, nei pressi del Rondò dei Pini, e, da buon romano, amava fare, dopo il pranzo, la tradizionale pennichella. In quelle ore non voleva mai, per nessun motivo, essere disturbato, incurante pure delle eventuali esigenze pratiche dei suoi giocatori e del suo staff tecnico.

 

Il tradizionale appuntamento con i giornalisti, per fornire indicazioni sulla preparazione della squadra, sui convocati ed, eventualmente, sulla possibile formazione da schierare in campo la domenica, non poteva mai essere fissato, quindi, prima di metà pomeriggio. Sabato 12 aprile 1986, in occasione dell’incontro di campionato Monza-Cagliari del giorno seguente, il quotidiano Tuttosport mi chiese un servizio sulla presentazione della partita ed in particolare un’intervista all’allenatore rossoblù Gustavo Giagnoni, subentrato a stagione in corso a Renzo Ulivieri.
Particolare curioso: la compagine sarda, con Gigi Riva da poco ai vertici della società, alloggiava nello stesso albergo di Carosi. Il trainer rossoblù si dimostrò subito molto disponibile e gentile nei miei confronti, rispondendo esaurientemente, nel limite delle sue possibilità, alle mie domande.

 

Un inaspettato “informatore”…

 

Al termine ci salutammo cordialmente, lui tornò nella sua camera ed io mi diressi verso l’uscita dell’hotel.
Ed ecco che ad un tratto mi sentii misteriosamente chiamare, con un leggerissimo sibilo della voce, da dietro una colonna del salone. Era proprio Carosi che, avendomi spiato di nascosto a stretto colloquio con Giagnoni, pensava di poter avere in anteprima da me la formazione che il Cagliari avrebbe schierato in campo il giorno seguente.
Gli spiegai di non esserne in possesso, fornendogli però tutte le pur limitate note tecniche datemi poco prima dall’allenatore isolano. Lui, per tutta risposta, mi confessò candidamente di essere ancora una volta in grande difficoltà nell’allestire lo schieramento biancorosso, preso dal dilemma se aggredire l’avversario o cercare di contenerlo. La decisione sull’ ‘undici’ biancorosso da schierare in campo, a poche ore dal match, a suo dire, sarebbe dipesa dalla ponderazione sulle informazioni da me ricevute. Per la cronaca, al “Sada”, vinse 2-1 il Monza di Pinato, Papais, Antonelli e Beccalossi, con primo gol di Crusco, pareggio di Piras su rigore e rete decisiva di Tacconi al 91’. Ma non credo proprio che il successo, uno dei pochi della stagione per la compagine brianzola, arrivò per merito mio!

 

Meglio il Carosi giocatore che allenatore

 

Paolo Carosi, giocatore ed allenatore con il cuore laziale, è morto a Roma il 15 marzo 2010 all’età di 72 anni. Notevole il suo bilancio con la società biancoceleste: 197 presenze complessive (176 in campionato, con 3 gol realizzati, 19 in Coppa Italia e 2 in Coppa delle Alpi) come giocatore; 25 panchine (20 in campionato e 5 in Coppa Italia) come allenatore.

 

Enzo Mauri

 

Foto: Caprotti